Mentre il "bello" richiede un lavoro, anche a livello di marketing, più importante: serve diffondere la cultura del prodotto, o meglio la cultura di quello che il prodotto fa non in termini funzionali ma in termini emotivi, emozionali. Richiede sacrifici e soprattutto competenze che spesso prescindono dal core-business aziendale. Perché se un'azienda produce tavoli in massello sicuramente è in grado di raccontarne le caratteristiche tecniche, ma difficilmente ha le competenze per narrarne la bellezza.
Ci hanno educati a pensare ad un prodotto in termini di funzionalità, così ci viene narrato dal marketing e dall'advertising: zero emissioni, zero calorie, zero grassi, a basso contenuti di felicità.
Una visione semplicistica e poco credibile perché le persone sono tutto tranne che "funzionalità": le persone sono una somma di errori, una somma di emozioni, sono una somma di sensazioni che portano anche all'acquisto di un prodotto.
Il marketing dovrebbe fare un passo indietro, ed aiutare certamente a descrivere correttamente la caratteristiche funzionali dei prodotti, ma dovrebbe metterci un po' di poesia, dovrebbe metterci un po' di sfumature, perché il mondo non è 0 ed 1. Il mondo è fatto di lettere, qualche numero, qualche figura e talvolta di sensazioni indescrivibili. Quel "consumatore razionale" citato nei libri di economia non esiste. Non è mai esistito. E' stata una semplificazione per descrivere e spiegare l'economia agli studenti. Perché se fossimo partiti dall'assunto che il consumatore fosse stato irrazionale, ovvero che non decidesse solo in base al prezzo, solo in base alla funzionalità del prodotto ma facesse scelte basate anche sull'emotività, la felicità, la bellezza non ne saremmo usciti vivi.
Semplificare è il compito del marketing e dell'economia, perché devono ricondurre il tutto a cluster omegenei per (tentare di) vendere di più.
Ma siamo sicuri che quello che vuole il marketing sia quello che vogliono le persone? E se le persone volessero un racconto, anziché un'etichetta? Volessero sentirsi dire che Coca-Cola fa tanto famiglia, anziché contiene Zero-Calorie e Zero-Zuccheri?
Se volessero sentirsi dire cosa c'è nel mezzo, tra le calorie e le zero calorie. Se volessero racconti, prodotti, aziende appassionate che fanno (ancora) cose belle?
Non sono certo che questo tentativo di "semplificazione" con il quale abbiamo ridotto la complessità del pensiero umano sia riconducibile alle sole caratteristiche funzionali.
Forse aveva ragione Oscar Wilde quando diceva " Le cose belle della vita o sono illegali, o sono immorali e fanno ingrassare"