In tutto questo complesso contesto abbiamo una componente nuova, ulteriore, straordinaria che è entrata molto velocemente nelle nostre vite e in parte le ha stravolte.
Uno strumento che va ad arricchire ed amplificare l'
esperienze delle persone, l'
experience space e l
'environment: il digitale.
Quello che più è impressionante è rappresentato dalla velocità con la quale il digitale e la tecnologia è entrata nelle nostre vite: basti pensare che sono stati necessari 62 anni affinché un prodotto come l'aeroplano raggiungesse 50 milioni di utenti, 22 anni per la televisione e 2 anni per twitter.
Philip Kotler nel suo libro Retail 4.0 la definisce alla stregua dell'avvento e della diffusione dell'elettricità:
«Il digitale è come l'elettricità: è un abilitatore invisibile che consente di dar vita a prodotti, servizi ed esperienze che in alcuni casi si integrano con quelli preesistenti, in altri li sostituiscono tout court»Il punto vendita, luogo di
experience space per antonomasia, sta cambiando forma e collocazione,
sta diventando un vero e proprio media,
un canale di comunicazione,
di scambio di informazioni,
un luogo di ritrovo,
di accoglienza per il cliente. Si sta integrando, parliamo dell'esperienze di aziende più lungimiranti, all'interno di una strategia di comunicazione e commerciale ben precisa, in cui l'esperienza di marca in un approccio omni-channel passa attraverso lo store fisico, valorizzando prodotti, esperienze e persone.
Luoghi come l'Apple Store o — pensando ad un caso italiano — i boutique Store di
Velasca, non sono semplici negozi. Sono luoghi dove si respira la marca ovunque. Sono
luoghi di accoglienza, dove
le persone possono vedere il prodotto, oppure
partecipare ad un evento. Luoghi dove possono fermarsi ed entrare — anche se non diventeranno mai clienti — in contatto con la marca.