«Ci aggiustiamo le cravatte. Ci vuole un po' di tempo per abituarsi di nuovo a questi abiti quando si è lasciato il mondo aziendale alle spalle da anni. Oggi le sale del De Vere Grand Connaught in Covent Garden fanno da palcoscenico per il gala dei Thinkers50 Awards, noti anche come gli Oscar del pensiero manageriale.
Sono qui riuniti personaggi di spicco del Management: eminenti acca demici, guru del mondo del lavoro. Sembriamo leggermente fuori posto. Abbiamo la metà degli anni di molti degli altri ospiti e, a giudicare dagli sguardi che riceviamo, non siamo i soli a notarlo.
Mentre il presentatore annuncia i nominati, ci scambiamo uno sguar do di sorpresa. Chi avrebbe mai pensato di trovarsi a un simile evento? Quando abbiamo iniziato questa avventura, nessuno si aspettava che sa remmo arrivati così lontano. Non avevamo soldi, nessuna fonte di ricavo e, soprattutto, nessun business plan ben ponderato. Solo il nostro ottimismo ci ha portato qui.
Abbiamo visitato cinque continenti e più di trenta paesi, studiato ol tre cento pionieri e condotto più di mille interviste. Sulla base di questa esperienza, abbiamo scritto 300 post, tenuto conferenze e aiutato aziende a superare strutture e metodi di lavoro antiquati. Abbiamo fatto surf in California mentre visitavamo una di queste imprese ispiratrici, dove i dipendenti lavorano per un mondo migliore. Siamo stati a Stoccolma per visitare un'azienda che impiega centinaia di persone, ma senza un capo. Abbiamo trascorso del tempo con un'impresa cinese con 70.000 dipen denti che operano come se stessero gestendo la propria attività.
Abbiamo incontrato funzionari belgi che decidono dove, quando e come lavorare. Abbiamo intervistato accademici anticonformisti, scritto ri pionieristici ed eccentrici leader. Ci diamo del tu con amministratori delegati e imprenditori ribelli dall'Australia a New York, da San Paolo a Dubai. In breve, abbiamo imparato di più sul nostro argomento di quanto avessimo mai osato sperare.
Ci guardiamo intorno e riflettiamo su quale onore sia essere qui. Che meraviglia esser stati nominati tra i trenta pensatori emergenti di Management. Per noi, questo è il segno di qualcosa di più grande, un barlume del cambiamento che volevamo provocare. Noi speriamo in una radicale trasformazione che porti il mondo del lavoro dalla diffusa insoddisfazione all'idealismo e al significato.
C'è ancora molto da fare: problemi assillanti vengono spesso affrontati in modo timido e inefficace. Le soluzioni esistono per chi osa metterle in pratica. Tutto ciò che abbiamo imparato, e tutto ciò che sta accadendo intorno a noi, ci porta a credere che un movimento globale sia già in atto. Noi siamo a bordo. Unitevi a noi.»
Tratto da “Corporate Rebels” di Joost Minnaar e Pim De Morree
In questo momento sta piovendo, e dopo essermi preparato per uscire, sono sceso in studio, ho acceso il bollitore e mi sono preparato una distanza. Ho aperto la finestra, leggermente, perché il rumore della pioggia mi rilassa. Ho acceso un sigaro toscano e l'ho lasciato bruciare, perché mi piace l'odore, e non ho voglia di fumarlo. Ho acceso una lampada da scrivania di un'azienda (uno spin off) del Mugello che mi hanno detto aver chiuso il progetto: non abbiamo fatto neanche in tempo a rendere loro la lampada che ci avevano dato per studiarla.
I miei programmi all'improvviso sono cambiati. Il libro che sto leggendo “Corporate Rebels” me lo ha consigliato un collega, Enzo La Rosa, che ogni tanto viene qua in campagna a Marchisoro a lavorare.
Tratta un tema forse troppo spesso trascurato, o semplicemente viene dato per scontato: il ruolo (ed il benessere) delle organizzazioni aziendali. Perché si, le aziende non sono i brand che cercano di costruire e capitalizzare, ancor prima sono l'organizzazioni aziendali che sono in grado di costruire, o meglio sono la cultura che sono in grado di diffondere all'interno e all'esterno dell'azienda, a qualsiasi livello.
Quando si parla di aziende ed organizzazioni “purpose driven” e “team based” si parla di presente, non di futuro. Stiamo ancora parlando dell'opportunità o meno di svolgere alcuni lavori e/o alcune mansioni da remoto. La cultura aziendale sulla quale si fondano la maggior parte delle aziende è più vicina alla quella raccontata in “Tempi Moderni” di Charlie Chaplin: era il 1936. Quelle mansioni saranno - nel giro di una manciata di anni - svolte da dei robot e da degli algoritmi.
Le riflessioni che devono essere fatte, oggi, devono riguardare non solo il valore, ma il motivo per il quale si crea questo valore. E la modalità con la quale si creare valore, quindi il come. Ed è urgente capire quanto questo “come” impatterà sull'ambiente, sul mercato, sulla stessa organizzazione aziendale sulla quale si sorregge l'impresa.
Joost e Pim non sono dei visionari. Sono dei ribelli. E come tali vogliono cambiere le cose. Il fatto è che la maggior parte di noi vuole cambiare le cose e forse lo sta già facendo. Perché siamo insoddisfatti, tutti, di tutto quello che ci circonda e che qualcuno, in passato, ha costruito.
Abbiamo avuto in eredità una cultura aziendale, manageriale e del lavoro che non ha più ragione di esistere e di essere applicata: ha distrutto ruoli, fagocitato mercati, annientato visioni, depauperato ambienti di lavoro da valori e responsabilità.
Se avete occasione leggete “Corporate Rebels” che nel suo titolo originale portava appresso anche un bellissimo sotto titolo: “Make Work More Fun.”
E poi vuoi mettere essere ricordati come quelli ribelli, guasta feste che hanno rovinato la festa?