Il blog di Marketing Toys

Il presente del futuro

Ascolto sempre con molta curiosità chi parla del futuro. Leggo con interesse anche i dati, i “mega trend”, articoli che parlano del futuro che sarà tra 10 anni.

Poi i guru, con il loro fare sicuro sui palchi, davanti ad una telecamera, in una diretta. La storia — anche recente — è piena di tante belle parole, mai realizzate, ma sapientemente dette, raccontate.

Lo storytelling è diverso dallo storydoing e tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare, il dare e l’amore.

Il mare, immenso. Il dare come gesto prioritario ancor prima di pretendere di ricevere qualcosa, ed infine l’amore: Paolo Neruda diceva “Se niente ci salva dalla morte, che almeno l’amore ci salvi dalla vita.” Direi si, che l’amore serve a prescindere.

A volte faccio uno strano esercizio, qualcosa che mi immagino facciano anche i serial killer: colleziono articoli e dati in cui si parlava del “futuro” che sarebbe accaduto. Poi sistematicamente — quando quel futuro avviene — confronto quello che è accaduto con le previsioni che avevano fatto guru, esperti, ricerche, ect.

Bè, dalla mia piccola ed insignificante ricerca di uno Statistico poco praticante (si, sono laureato in Statistica e Sistemi informativi, specializzazione Marketing dei Servizi), ho potuto constatare — dati alla mano — che solo l’1% delle previsioni, degli scenari immaginati, delle cose dette è realmente accaduto.

Mi piace chiamarlo, tutto questo, il passato del futuro.

Rende abbastanza l’idea. Quello che mi chiedo, e che vi chiedo, mi domando, e vi domando, ma non vi sembra strano che se tutti hanno la ricetta ed i dati per creare un futuro migliore, in ogni settore, non si riesca — o voglia — costruire un presente ed un futuro migliore?

Nel 2019 Insider Intelligence svolse una ricerca: nel mondo furono spesi 18.3 Miliardi di dollari in attività di marketing. Dalla ricerca emerse che l’89% di tale attività non portò nessun tipo di risultato in termini di branding, quindi la marca non fu vista, né tanto meno ricordata. Siamo degli incapaci, quindi, tutti quanti.

È curioso di come tante persone si prodigano nel raccontarci il futuro e solo una piccola parte di essi si impegni per — quel futuro — realizzarlo.

È sicuramente più semplice raccontare qualcosa che non è ancora accaduto, sfruttando un po’ di dati, toccando corde dell’immaginario collettivo, fatto anche di paure: qui penso alla demagogia sull’intelligenza artificiale che “spazzerà” metà dei lavori tradizionali da qui a 5–10 anni. Quante volte l’avete sentita questa frase? È corretta? È sbagliata? Diciamo che viene detta con troppa leggerezza e credo che questo venga fatto anche a proposito.

Dovremmo concentrarci di più — fuori dai palchi degli eventi — nel creare una conversazione tra professionisti ed esperti di vari settori azzerando gerarchie e piramidi di potere, per dialogare ed iniziare a costruire immediatamente un presente diverso dall’attuale: è impensabilie che nel 2023 si parli ancora di guerre sanguinarie.

Siamo impassibili di fronte ad un surriscaldamento globale, ma allo stesso tempo siamo in grado di passeggere sulla Luna ed immaginiamo di colonizzare Marte.

Noi siamo quella cosa lì, siamo quelli che immaginano cose e si prodigano per realizzarle e raggiungerle: come la Luna, Marte.

Il fatto che non ci stiamo immaginando soluzioni per risolvere altri importanti problemi come le guerre, le disuaglianze sociali, l’accesso all’acqua, al cibo, all’istruzione, alla sanità la dice lunga sulla nostra capacità ma soprattutto volontà di volerlo fare.

L’epoca dell’entertainment è finita. Adesso è il momento di fare, fare, fare.

Cosa penso e spero? Spero (non è una previsione) in un veloce ricambio generazionale e culturale a qualsiasi livello: politico, aziendale, assistenziale, lavorativo, educativo. Valori diversi, nuovi, sicuramente criticabili, ma probabilmente più attenti al presente ed al futuro. Forse anche meno egoistici e più sensibili.

Spero un giorno di leggere un passato del futuro diverso dall’attuale.

[Image Credits © Jaime Sanchez]
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