C'è chi sta aspettando che tutto "questo" passi, nella speranza che si assestino le cose e si consolidino gli equilibri del passato. Certo, questa è un ipotesi, ma a mio avviso poco verosimile.
C'è chi sta parlando di una nuova normalità invece, ipotizzando nuovi scenari, nuovi equilibri. Per qualche strano motivo l'idea di questa nuova normalità è associata all'utilizzo massiccio ed indiscriminato della tecnologia, in tutti campi, in tutti i settori. Orizzontalmente e verticalmente.
Anche questa è un ipotesi: sicuramente le cose cambieranno e si creeranno nuovi equilibri, diversi da quelli passati, ma a mio avviso la tecnologia dovrebbe essere vista come un abilitatore e non come un fine. Questa ipotesi mi spaventa un po'.
C'è poi una terza ipotesi, l'assenza di normalità — never normal — appunto. Scenari in cui è richiesto alle persone, alle aziende, a qualsiasi soggetto che si trovi in questo dinamico sistema di cambiare continuamente, velocemente, agilmente. E qua il gioco si fa diverso: sono richieste abilità che per decenni ci hanno detto di mettere in secondo piano, soprattutto sul lavoro e nel rapporto con gli altri.
La cosa curiosa è che le soft skills, di cui tanto si parla, stanno diventando le nuove hard skills.
Ci siamo accorti che una parte di quelle che consideravamo hard skills possono essere svolte da un elaboratore e quindi, alla lunga, ci batterà e ci renderà meno competitivi.
Mentre l'immaginazione, la creatività, l'empatia, la passione, difficilmente potranno essere delegate ad un algoritmo. Lì si che siamo competitivi, o almeno, lo siamo stati per migliaia di anni quando ancora la tecnologia come la conosciamo oggi non era così diffusa e presente.
Il problema è che dobbiamo tornare ad allenarci ad immaginare con passione, cosa che non possiamo apprendere sui manuali di economia o di marketing.
Forse la possiamo apprendere ascoltando altre persone: penso ai video del TEDx ad esempio, o ai tanti canali tematici, podcast, youtube o altro.
Forse la possiamo coltivarla leggendo romanzi, leggendo storie (vere e di fantasia). La possiamo imparare parlando con le persone, visitando luoghi, allenando il nostro senso riflessivo, critico, di confronto.
Perché se è vero — come penso anche io — che stiamo andando verso una never normal era, dobbiamo metterci nelle condizioni migliori possibili per vivere serenamente e con equilibrio i mutevoli contesti nei quali ci troveremo: socialmente, economicamente, lavorativamente.
Sarà semplice? No, non lo sarà. Veniamo da decenni in cui lavorativamente ci hanno chiesto di reprimere questi atteggiamenti e socialmente ci hanno chiesto di adeguarci agli altri. Il diverso, l'inventore, il poeta, il creativo, il filosofo erano persone fuori dal coro.
Sarà necessario?Certamente. Rischiamo altrimenti di diventare un grande e-commerce da un lato e un grande mucchio di consumatori prevedibili dall'altro. Rischiamo di risolvere i problemi e subito dopo ricrearli. Rischiamo di fare cose semplicemente sempre corrette, mentre servono cose belle, passione ed immaginazione.